بسم الله الرحمن الرحيم

Mi chiamo Hajar, sono una ragazza di 23 anni; sono emigrata in Italia con la mia famiglia 12 anni fa. Sebbene sia nata musulmana, alhamdulilah, purtroppo sono diventata praticante solo quattro o cinque anni fa. Non ricordo di preciso se avevo già 19 anni quando ormai pregavo regolarmente o 18. Ad ogni modo non prima, di questo sono sicura, poiché ricordo bene la mia adolescenza da “non praticante”. Ho avuto un’infanzia serena nel mio paese d’origine, ho bellissimi ricordi che spesso mi fanno provare nostalgia di quei tempi. Non posso dire lo stesso della mia adolescenza in Italia. Sono stati davvero degli anni tristi per me, bui e amari. I motivi sono vari; tra essi il fatto che non è facile trovarsi in un paese dove non si conosce nessuno, neppure la lingua e la cultura. Non ero molto piccola quando mi trasferii, quindi mi rendevo conto che era parecchio strano trovarsi lontano dal proprio paese di origine. Sono stati davvero degli anni infelici anche a causa della mia “crisi d’identità”, ma proprio questa mi ha spinto e motivato (grazie ad Allah, ovviamente) a cercare la mia vera identità che è quella di essere musulmana, alhamdulilah.
Tra le passate esperienze che mi hanno spinta ad avvicinarmi all’Islam, ricordo la difficoltà ad integrarmi nel nuovo paese in cui vivevo. Anche quando, ormai, parlavo bene l’italiano, con i compagni di classe non mi trovavo molto bene. Spesso, mi dicevano che ero troppo asociale, che non mi volevo integrare; il ché era vero poiché spesso per “integrazione” intendevano il rinunciare alla mia identità (anche se non sapevo nemmeno quale fosse)… Sapevo, però, che non consisteva nel diventare come loro, e fare tutto quello che loro facevano, o che dicevano e pensavano. Questo a me non stava bene, preferivo essere considerata asociale piuttosto che “integrarmi” a simili condizioni. Pur non volendo imitarli, al contempo mi vestivo come loro, ed ero un essere umano come loro, parlavo la loro lingua! Ma a loro questo non bastava. Per farmi accettare davvero, dovevo accontentarmi ed essere felice di sentirmi dire che ormai ero italiana, quindi dovevo uscire e divertirmi andando alle feste con loro, bere la birra e il vino e mangiare la carne di maiale esattamente come tutti gli altri; solo a quel punto, secondo loro, mi sarei integrata veramente e avrei smesso di essere così asociale e infelice.
Nonostante non fossi praticante, anzi, ero abbastanza ignorante per quanto riguarda la mia religione, alcuni aspetti del din non mancavano nella mia vita, come per esempio non mangiare il maiale e non bere alcool, alhamdulilah. Così, alhamdulilah,non mi sono mai fatta condizionare dai loro consigli a lasciarmi andare, a trovarmi un ragazzo e a “farmi una vita”. Queste cose me le diceva persino un mio professore, che spesso mi chiedeva: “La carne di maiale non la mangi, il vino non lo bevi, il ragazzo non ce l’hai.. ma come vivi?”.
Erano degli anni davvero bui per i motivi menzionati, ma sono pochi tra i molti che non posso elencare in questa breve presentazione. Comunque, uno dei motivi principali e fondamentali per cui vissi anni poco piacevoli, come avrete capito, era che mi mancava Allah nel cuore. Non sono una che si fa influenzare facilmente, a volte questo è un bene, alhamdulilah. Questa mia “asocialità”, mi faceva sentire spesso fuori luogo, a disagio e strana… Una straniera. Tuttavia, non era il fatto di sentirmi straniera a farmi soffrire, ero contenta di esserlo, era l’unica cosa in cui riuscivo a riconoscermi veramente. Ciò che mi faceva star male, era che la gente non fosse in grado ad accettarmi per quello che ero: Straniera. Mi era stato ripetuto che ormai ero italiana, che non ero come tanti altri stranieri venuti in Italia a fare “come gli pareva”, che nonostante avessero trovato il “paradiso” in Italia, non fossero riconoscenti e commettessero un sacco di crimini e atti vergognosi. Io invece, [dicevano] ero diversa, una brava ragazza, gentile, educata… perciò italiana. L’unica cosa che non andava bene in me, era il mio essere asociale. Ma io non volevo essere italiana, solo perché, secondo loro, ero troppo buona e gentile per essere straniera. Invece, volevo essere accettata da “straniera”, perché era così che ormai mi sentivo sempre e mi stava pure bene, ormai non sentivo di far parte nemmeno del paese dal quale provenivo poiché là mi consideravano ormai italiana perché studiavo in Italia. Secondo i miei compaesani invece, solo perché ricevevo a scuola un’educazione italiana, ormai ero rimasta ignorante. Proprio per questo motivo, sempre secondo loro, non conoscevo abbastanza bene la nostra cultura, della quale andavano fieri… ed ecco che mi consideravano straniera anche loro.
In tutto questo, qualche volta sentivo la mancanza di Allah nella mia vita, così cercavo di invocarlo. A volte, però, mi veniva l’ansia, non saprei dire perché, ma fu sufficiente perché ciò mi spingesse a evitare di invocarlo, (purtroppo). Eppure, la mancanza di Dio non mi lasciava in pace, alhamdulilah, e col passare degli anni, pian piano, la sentivo sempre più forte. Questo fece sì che lo cercassi in un modo o nell’altro. Più volte provai un forte bisogno di sentir parlare di Dio.
Ricordo che avevo una professoressa che spesso parlava di Dio, e dal modo in cui lo faceva, si poteva intuire che Lo amava davvero tanto. Anche se era cristiana, mi faceva piacere lo stesso sentirla parlare di Dio, mi faceva soprattutto piacere che non fosse atea, e che amasse Dio. Ogni tanto, dopo aver ascoltato i suoi discorsi su come Dio ha creato l’universo, su come ci ama… tornavo a casa e mi mettevo a fare delle ricerche sul computer per trovare qualcosa a proposito nell’islam e poter fare così un confronto. Mi piaceva la nostra religione, più leggevo e più mi stava a cuore. All’inizio leggevo con l’intenzione di farmi una cultura, per non rimanere ignorante sul mio din (religione) e devo dire anche per poterli contraddire quando incolpavano l’Islam del terrorismo nel mondo, della violenza che gli uomini musulmani usavano [a loro dire] contro le donne, ecc. Dopo un po’, ho iniziato a sentire anche la necessità di fare la salah, ma mi sembrava troppo difficile. Avevo trovato alcune suar che era necessario conoscere e cercavo di impararle; qualche volta provavo a fare la salah, ma mi veniva tanta ansia e mi bloccavo ogni volta, arrabbiandomi con me stessa perché non mi ritenevo capace e all’altezza. Talvolta mi sentivo come se Allah non mi volesse, astaghfirullah, senza sapere che questo non era altro che un sussurro di shaytan (satana). Quindi, spesso lasciavo perdere, purtroppo, e continuavo la mia vita di sempre.
Ricordo che una volta feci un du’a chiedendo ad Allah con tutto il cuore di guidarmi e di illuminarmi.
In un’altra occasione, ebbi un problema in famiglia per il quale soffrii molto ed ebbi bisogno di Dio più che mai, e nonostante il forte bisogno di rivolgermi a Dio non avevo incominciato ancora a fare la salah. Dopo alcuni giorni, alhamdulilah, venne a trovarci un mio cugino il quale, ma sha’a Llah, essendo religioso, ma sha’a Llah, ovunque andasse faceva da’wa (invitava la gente al bene). Cercando mia madre entrò in camera mia per sbaglio, e vide i fogli in cui avevo scritto le suar del Quran per imparare a pregare. Ne fu felicissimo, ed iniziò subito a parlarmi di Allah; non ricordo bene tutto il discorso che mi fece, ma ricordo bene che parlava col cuore e questo mi colpì molto, soprattutto ricordo che parlò della pace nel cuore. Avevo tanto bisogno di trovare pace nel mio cuore, e quel suo discorso mi aveva colpito in modo particolare, facendomi desiderare più che mai di avvicinarmi ad Allah. Infatti, subito dopo la sua partenza, sentii una grande forza dentro di me e trovai il coraggio per ricominciare a fare la salah, ma a differenza delle altre volte, ero più motivata e non avevo intenzione di mollare, anche se non fu facile per niente: mi sentivo sempre ansiosa, avevo sempre paura di sbagliare e sbagliavo sempre. Spesso ripetevo tutto daccapo, a volte non ricordavo le raka’at (le unità della salah), e altre cose. Era davvero difficile, ma nonostante questo ormai sapevo che dovevo continuare lo stesso, e che non dovevo arrendermi, solo perché lo trovavo difficile. Ho continuato così per un po’, poi alhamdulilah, Allah mi ha aiutata moltissimo. Le cose cominciarono a diventare sempre più facili, fino ad arrivare al punto da non poter dormire senza aver pregato prima. Se mi addormentavo senza aver fatto la salah sognavo di pregare e mi svegliavo dicendo le suar: la preghiera ormai faceva parte di me. Subito dopo di me, cominciarono a pregare anche mia madre e mia sorella, alhamduliLlah.
All’inizio pensavo che sarei stata una vera musulmana appena avessi imparato a pregare. Non mi passava per la testa di mettermi l’hijab, non lo consideravo ancora qualcosa di importante, ma lo vedevo solo come una cosa in più e basta, non sentivo la necessità di doverlo portare subito. Man mano che imparavo sempre di più sull’islam, alhamdulilah, e dopo essermi informata bene, capii che era fardh (doveroso) indossare l’hijab, e che non ero scusata per non portarlo. Dovevo portarlo.
Ma ero troppo vigliacca, avevo paura di affrontare la gente, di dover dare delle spiegazioni a tutti e mi sembrava una cosa troppo difficile da fare. Contemporaneamente mi sentivo in colpa per il mio abbigliamento, ero in continua lotta con me stessa e il shaytan. Cercavo di farmi coraggio, ma mi abbattevo e rimandavo sempre, in continuazione. Alhamdulilah, mi venne in mente di chiedere ad Allah di convincermi ad indossare l’hijab, di aiutarmi a decidermi una volta per tutte e di rendermelo facile. A 20 anni, quando dovevo incominciare l’Università, decisi di indossarlo, mi misi una sciarpa attorno alla testa e uscii di casa. Mi sentivo come se mi stesse osservando tutto il mondo, ciò mi mise a disagio, mi vennero anche i crampi alle orecchie! Poi, però, feci dhikr, e mi ricordai di Allah, avevo fiducia in Lui, sapevo che portare il velo, era la cosa giusta da fare e che era questo che contava e non il fatto di mettermelo solo se mi faceva sentir bene.
Alcune sorelle dicono che l’hijab le fa sentire molto più belle di prima quando non si coprivano, al proprio agio, ecc. Non era così per me. Io non mi sentivo bella e mi dava fastidio, perché non me lo sapevo mettere bene e perché non ero ancora abituata; spesso mi pizzicava la testa e qualche volta mi scordavo di portarlo e uscivo da casa senza, finché non mi ricordavo che dovevo portarlo e correvo dentro per mettermelo.
La gente mi ha sorpresa molto, in senso positivo però. Mi aspettavo di ricevere tanti insulti, maltrattamenti, invece, ho trovato solo persone curiose che mi chiedevano come mai avessi fatto questa scelta, e una volta spiegate le miei motivazioni, anche se non condividevano la tale mia scelta, mi dicevano che mi stimavano per il coraggio che avevo avuto nell’essere stata me stessa. Ho incontrato più persone gentili ora che porto l’hijab che prima. Ho conosciuto anche persone antipatiche, non lo nego, ma davvero poche e comunque molte meno rispetto a quando non indossavo il velo. Ma, non credo sia possibile vivere senza conoscere mai persone che non ci piacciono a causa della loro maleducazione. Quindi, che senso ha vivere per piacere agli altri? Gli altri non si accontentano mai e trovano sempre qualche difetto da rinfacciarci. Allora che senso ha cercare di piacere sempre a tutti senza tener conto che l’Unico che dobbiamo compiacere è Allah?! Io volevo tanto compiacere Allah swt e il pensiero di compiacerLo mi faceva star bene più del velo in sé; questo è l’unico motivo che mi aveva convinta a tenerlo. Il consiglio che oggi do alle sorelle è che non dovete portare l’hijab solo e affinché vi faccia star bene, o perché vi fa apparire più belle, non dovrebbe essere questo il vero motivo. Dovete, invece, portarlo solo perché è ciò che Allah ci chiede di fare, e quindi per compiacere Allah e anche per timore (taqwa). Non dobbiamo scegliere di compiacere Alllah fintanto che possiamo compiacere anche agli altri o al nostro nafs (ego), ma sempre; anche quando ciò che Allah ci chiede di fare non compiace gli altri o noi stessi. Il Jihad (lo sforzo sulla via di Allah) non è facile, ecco perché Allah ha promesso di ricompensare con la ricompensa migliore (il paradiso) coloro che fanno Jihad contro il proprio nafs.
Per le persone come me, vigliacche e insicure, forse è più facile dirlo che farlo, però Allah è Colui che può rendere le cose difficili, facili, e le cose che ci sembrano impossibili, possibili. Quindi fate du’a. Non è grazie al mio coraggio (come credono alcuni) che sono riuscita a fare questo cambiamento così radicale nel mio abbigliamento, per me è stato molto difficile inizialmente, e non solo il mettermi il velo. Ma alhamdulilah facevo du’a e cercavo di fare Jihad contro il mio nafs e il shaytan e, alhamdulilah, Allah mi ha aiutata tantissimo, pian piano mi rendeva le cose sempre più facili.
Ora è diventato facile anche con l’hijab. Non mi dà più fastidio e non riesco nemmeno ad immaginarmi senza, anche il mio hijab fa parte di me ormai, a volte mi capita di chiedermi: come facevo in passato a vivere tranquilla e serena senza aver temuto Allah per non essermi coperta?!
Inoltre, l’hijab non è solo un pezzo di stoffa da avvolgere attorno alla testa. E come avevo già detto prima, non deve essere usato per rendersi “più belle” o per dimostrare agli altri in cosa consiste “la vera bellezza” di una donna, altrimenti perde il suo vero valore agli occhi di Allah. L’hijab invece dovrebbe nascondere la vera bellezza di una donna, così come le perle preziose che Allah racchiude all’interno delle conchiglie, nascondendole in fondo al mare. Le intenzioni contano e fanno la differenza.
Ora, alhamduliLlah mi sento musulmana ed è questa la mia vera identità. Ora finalmente so chi sono. Sono felicissima che Allah mi ha guidata, alhamduliLlah, facendomi capire che è questa la mia vera identità.. Musulmana, alhamdulilah! Ho deciso di non aggiungere le mia nazionalità in questa presentazione, poiché non riesco a riconoscermi in nessuna di esse, e sono felice di questo. L’ideologia della nazionalità e dell’orgoglio per la propria patria non mi è mai piaciuta, e ora che so che è proprio questa ideologia che spesso ha diviso la nostra Ummah (Comunità), mi piace ancora meno, alhamduliLlah. Infatti, una delle tante cose che mi ha molto colpito dell’Islam è il concetto di un’unica Ummah. La nostra Ummah dovrebbe essere unita e non divisa a causa dell’orgoglio per la propria patria, o per via di un fortissimo e grandissimo amore per la propria nazione, dimenticandoci così che è la nostra Ummah che dobbiamo amare invece. Siamo tutti i fratelli e della stessa Ummah, non dobbiamo preferire di più quelli della nostra nazione ma solo quelli che hanno più taqwa perché sono quelli i migliori di tutti agli occhi di Allah s.w.t.
Per concludere, vorrei aggiungere che ora, alhamduliLlah, anche mio padre ha cominciato a pregare. Ogni volta che lo vedo, mi si riempie il cuore di gioia, soprattutto quando mi rimprovera per non essere abbastanza puntuale nelle preghiere. Cominciavo a non sperare “troppo” che mio padre avrebbe cominciato ad applicare questo precetto fondamentale della religione, ma alhamduliLlah Allah ha ascoltato le mie invocazioni. Quindi fate sempre du’a per i vostri genitori, soprattutto se anche voi avete genitori non praticanti come erano i miei, e cercate sempre di essere gentili con loro e di dare un buon esempio a loro con tanta pazienza, educazione e buone maniere perché è anche così che si fa la da’wa. Ricordatevi che la guida proviene da Allah. Cercate quindi anche di sopportarli quando magari qualche volta si arrabbiano con voi, ingiustamente, solo perché avete deciso di praticare un determinato aspetto del din. Abbiate pazienza e fate sempre du’a per loro.
Che Allah guidi le famiglie di tutti i fratelli e di tutte le sorelle e unisca la nostra Ummah in questo dunya (vita prossima, terrena) e nella Jannah (paradiso), in akhirat (nella Ultima Vita). Amin Ya Rabbii.