بسم الله الرحمن الرحيم
La “Khadijah” del titolo non è la Madre dei Credenti (che Allah sia soddisfatto di lei), ma sono io, e voglio tentare, con l’aiuto di Allah (Gloria a Lui, l’Altissimo) di spiegare come vivo il mio essere Musulmana dal punto di vista dell’hijab, che da anni è il mio modo di vestire.
InshaAllah vi racconterò la mia esperienza personale, come mi è stato richiesto. Questa non è una “lezione”, lascio perciò i riferimenti dottrinali a chi ha titolo per citarli e spiegarli nel modo più corretto.
Alhamdulillah, iniziai ad accostarmi all’Islam lentamente, prima il digiuno, poi la preghiera, finché nel 1995 mi sposai. Sapevo pochissimo: pensavo, nella mia presunzione di “europea erudita e civile”, che il velo fosse un uso tradizionale; che mai io avrei potuto indossarlo, e lo dicevo con molta leggerezza a mio marito.
Entrando al Centro Islamico mi coprivo la testa come forma di rispetto per il luogo, facendo una grande confusione… non si trattava esattamente di entrare in un luogo di culto, come le chiese della mia infanzia! Le sorelle con pazienza mi dicevano: “In sha’a-Llah, vedrai…”.
Mio marito sorrideva, mi spiegava l’Islam con calma e determinazione, senza soffermarsi in particolare su questo aspetto: io, grazie ad Allah, avevo ben compreso che il pudore è importante, da subito ma per gradi; modificai il modo di vestire: gonne alla caviglia, maniche lunghe, niente scollature, camicette abbottonate e larghe… e così dolcemente mi avvicinavo all’hijab, che non è solo l’indossare il velo, ma il vestire e il comportarsi della donna Musulmana secondo la Legge di Allah (Gloria a Lui, l’Altissimo).
Di professione sono bibliotecaria; all’epoca lavoravo in una biblioteca pubblica, dove eseguivo regolarmente le preghiere, quindi le colleghe sapevano che ero diventata Musulmana, ma la maggior parte degli utenti no, perciò poteva succedere che qualcuno parlasse malamente in mia presenza, tenesse discorsi ambigui o peggio. In quei momenti mi rendevo conto di quanto debole fosse ancora la mia fede, cercavo di allontanarmi, di evitare; solo raramente osavo affermare che bisognava parlare in modo pulito, sia nei termini che nei contenuti.
Cominciai a sentirmi divisa in due: a casa l’ambiente sereno, limpido di una famiglia islamica dove si cerca di seguire la Legge di Allah (SubhanaHu Wa Ta’ala) e la Sunnah del Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui), e fuori tutte le piccinerie e le bassezze della miscredenza.
Le lezioni che mio marito preparava appositamente per me, e per le quali prego Allah (gloria a Lui, l’Altissimo) di ricompensarlo, continuavano: il Sublime Corano era una guida chiara, ma ancora non riuscivo a vincere una sorta di ritrosia nei confronti del velo. Ne parlammo apertamente in famiglia, ricordo benissimo le parole di mio marito: “Spero tu non ti vergogni dei kuffar: essi compiono ogni sorta di degrado davanti a noi, e li vedi mai vergognarsi?”.
Allah è Grande, mi conduceva lentamente sulla Retta Via: capii, finalmente, che coprendomi con il velo avrei obbedito ai Suoi ordini (traduzione dei significati):
O Profeta, di’ alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di far scendere su di esse i loro jilbab (larghi soprabiti che coprono anche il volto ed il petto), così da essere riconosciute e non essere molestate. Allah è perdonatore, misericordioso. (Corano XXXIII. Al-Ahzab, 59)
Chiesi a mio marito di accompagnarmi durante le mie prime uscite con il velo, presi qualche giorno di ferie e feci i primi seri tentativi. Mi accorsi degli sguardi delle persone che rivelavano pensieri e sentimenti non sempre gentili, ma ci furono anche le sorelle che mi salutarono islamicamente, prima non era mai successo… Certo, non sapevano che ero Musulmana!
Dovevo rientrare al lavoro; temevo di non essere capace di affrontare gente che ben mi conosceva. Allah (gloria a Lui, l’Altissimo) mi sostenne, quella mattina uscii di casa con il mio velo. Alhamdulillah! Provai una gioia incredibile, e questa gioia crebbe durante la giornata e nei giorni seguenti e, anche oggi, sento una profonda commozione quando penso a quel giorno, era il 17 giugno 1997. Ricordo la data con tanta precisione, perché, grazie ad Allah (SubhanHu Wa Ta’ala), fu in quel momento che, superando la mia ignoranza e la mia presunzione, abbracciai veramente l’Islam.
Dico questo, perché da allora ricevetti ancora molti aiuti dall’Altissimo, che già tanto mi aveva dato; appresi l’importanza dello studio costante, serio della religione di Allah (SubhanHu Wa Ta’ala), e della famiglia che si fonda sui suoi principi.
Ed il mondo esterno? Scoprii che ai miscredenti poco importa che tu sia velata o meno; sì, qualche frase per strada… i conoscenti, invece, preferiscono, per lo più, evitare domande o approfondimenti seri; poi c’è il gruppetto che immagina che il marito ti abbia obbligata ed in questi casi la risposta è piuttosto facile… Mi divenne così chiara un’altra cosa, che la maggior parte dei kuffar preferisce non parlare, né dell’hijab, né dell’Islam in generale, perché dentro di loro sanno di essere nell’errore e temono di essere mandati in crisi dal confronto coi Musulmani. Prova ne è che tanti miscredenti, in questi ultimi tempi, si dedicano a scrivere di qualcosa che, secondo loro, è “l’Islam”, dotati solo di qualche studio di fonti non islamiche e di cieco orgoglio… ma avranno la ricompensa che si meritano!
Alhamdulillah, il velo mi rese facile esprimere, anche in modo deciso ed energico, il mio rifiuto di discorsi ed espressioni deteriori, che, d’altra parte, diminuirono notevolmente proprio perché guardandomi nessuno poteva dubitare di trovarsi in presenza di una donna Musulmana.
Successivamente, e con il mio velo, cambiai anche lavoro: andai a lavorare nella biblioteca di un altro comune, dopo aver sostenuto un colloquio e venendo scelta fra diversi candidati… Nulla succede che Allah (gloria a Lui, l’Altissimo) non abbia predestinato!
Fin qui la storia di come, grazie ad Allah (SWT), scelsi l’hijab, ed ogni giorno lo indosso con la gioia di percorrere la strada dell’Islam:
Guidaci sulla retta via, la via di coloro che hai colmato di Grazia… (Corano I. Al-Fatiha, 6-7)
A tutte le sorelle che mi hanno aiutata e sostenuta nel cammino con l’esempio, il consiglio, la critica, il sapere e la loro vicinanza, e a mio marito che tanto tempo ha dedicato alla sua responsabilità di capofamiglia, che Allah, l’Altissimo, dia ogni bene e la Sua ricompensa in questa vita e nell’Altra a tutti: solo a Lui spetta la Lode!
InshaAllah, qualche breve riflessione, con la speranza che sia di utilità ad una sorella dubbiosa, o a chi pensa che sia sufficiente “la fede nel cuore”, dimenticando che non si riesce a fare Islam senza condividerlo con fratelli e sorelle!
Quando Allah (gloria a Lui, l’Altissimo) ed il Suo Profeta (pace e benedizioni su di lui) ci prescrivono qualcosa, l’ordine, il divieto od il suggerimento sono sempre diretti a preservare il credente nella sua dignità, a conservare equilibrio personale e salute, corretti rapporti con gli altri e con la natura: l’infinita saggezza del Creatore si esprime anche in questa Sua misericordia e sollecita attenzione per noi!
Portare l’hijab acquieta il cuore, è un passo importantissimo sulla retta Via, ci si sente in pace, è un’espressione di sottomissione e di obbedienza al nostro Creatore, al Dio Unico, e se ne viene immediatamente ripagate con una grande armonia in famiglia: la bellezza della moglie è solo per il suo sposo e la serenità di entrambi facilita la vita in comune.
Avere l’hijab significa anche praticare un preciso comportamento, fatto di modestia e pudore, e, in sha’a-Llah, c’è sempre qualcosa che si può migliorare: l’educazione, costruita con lo studio e la disciplina attenta, fa parte dell’Islam, ed ha una funzione fondamentale per chi vive in paesi dove la miscredenza è imperante; qui è facilissimo, anche senza averne intenzione, assumere espressioni e modi che sono poco islamici, quando non addirittura contrari!
Dice Allah Gloria a Lui, l’Altissimo (traduzione dei significati):
Appartiene ad Allah tutto quello che c’è nei cieli e tutto quello che c’è sulla terra, sì che compensi coloro che agiscono male per ciò che avranno fatto e compensi coloro che agiscono bene con quanto ci sia di più bello.
Essi sono coloro che evitano i peccati più gravi e le perversità e non commettono che le colpe più lievi. Invero il perdono del tuo Signore è immenso.
Egli vi conosce meglio (di chiunque altro) quando vi ha prodotti dalla terra e quando eravate ancora embrioni nel ventre delle vostre madri. Non vantatevi di essere puri, Egli conosce meglio coloro che (Lo) temono. (Corano LIII. An-Najm, 31-32)
Sì (o credenti), Allah è il vostro patrono, il Migliore dei soccorritori (Corano III. Al-Imran, 150)
…Presso Allah c’è la migliore delle ricompense (Corano III. Al-Imran, 195)
InshaAllah, vorrei chiudere con degli ahadith molto conosciuti, ma che è bene sempre ricordare, soprattutto nei momenti “difficili”, sono un grande sostegno e ci fanno riflettere.
L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) disse: “Tutto quello che colpisce il Musulmano, malattia, fatica, preoccupazione, tristezza o malvagità, anche il dolore provocato da una spina, Allah (SWT) gli perdona (con ciò) i suoi peccati” (accordo unanime dei Sapienti).
Il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) disse: “Allah (SWT) ha detto: “Sono come il mio servo pensa di Me, e io sono con lui quando Mi ricorda, se dunque egli si ricorda di Me nel suo intimo Io lo ricorderò nel Mio intimo, se egli Mi ricorda di fronte ad un pubblico io lo ricorderò di fronte ad un pubblico migliore; e se egli si avvicina a Me di una spanna, Mi avvicino a lui di un braccio; e se egli si avvicina a Me di un braccio, allora Mi avvicino a lui di un bā° [stendendo le braccia è la distanza fra il palmo destro e sinistro], e se viene a Me camminando, io verrò a lui camminando a passo veloce.”
Se ho detto bene è grazie ad Allah – non c’è forza né potenza se non in Lui – se ho sbagliato è per colpa mia e di Shaytan.
Che Allah benedica il Profeta Muhammad, la sua Famiglia, i suoi Compagni e tutti coloro che li seguono fino all’Ultimo Giorno.
E tutta la Lode appartiene ad Allah, Padrone e Signore di tutto ciò che esiste.
Khadijah