
Una notte di… luce!

Mi chiamo Khadijah, ho 30 anni e mi sono convertita all’Islâm 15 anni fa, alhamdulillah.
Bismillàhi ar-Rahmàni ar-Rahìm Carissime sorelle in Allàh, Assalamu alaykum wa rahmatullàhi wa barakatu
Vorrei raccontarvi la mia meravigliosa esperienza di ritorno all’Islam. Sono una donna italiana , sposata e madre di tre figli. Questa storia risale all’anno 2005,anno della mia rinascita… Negli anni che vanno dal 2000 al 2005, la mia vita non fu affatto facile: problemi familiari e di coppia, figli adolescenti con problematiche dell’età, una bimba piccola che richiedeva tutta l’attenzione perché aveva vissuto in una atmosfera tutt’altro che armoniosa… Insomma, avevo vissuto un periodo talmente duro che sentivo di non riuscire a sopportare ulteriormente una sofferenza del genere… Risultato: mi stavo perdendo…
Ho sempre cercato Dio. Non smisi mai, fin dal 1995, anno in cui iniziai a sentire un richiamo alla spiritualità talmente forte da non poter fare a meno di cercare…. Ascoltai insegnamenti cristiani, buddisti, entrai a far parte di un gruppo per l’evoluzione spirituale dell’uomo….Ma continuavo a sentire un’implacabile ansia interiore, come se il mio cuore mi dicesse: “No, non sono ancora soddisfatto. Non rifiutare tutte le esperienze che hai avuto, ma guarda altrove, vai avanti e non voltarti indietro”. Così per un paio di mesi abbandonai tutto. Ma veramente tutto… Ero vuota e confusa… e mi stavo perdendo. Il mio Shaytan (satana) mi diceva con voce suadente “Ma chi te lo fa fare? Guarda quanta gente mangia, beve, vive felice, si diverte…La vita è breve!! Morirai prima di aver trovato qualcosa cheti soddisfi. E’ una battaglia persa in partenza. Dai retta a me…Divertiti, e lascia stare le contorsioni mentali”. Per un po’, vuoi perla mia stanchezza, vuoi per la mia delusione, vuoi per l’ansia che avevo addosso, come un cavallo che scalpita per partire al galoppo, detti ascolto al mio Shaytan. Mi lasciai andare ai piaceri della vita materiale, le cose in casa andavano sempre peggio, ero piena di rabbia e stufa di continuare a vivere in quel modo. Ogni giorno mi alzavo e dicevo a me stessa: “Oddio…..un altro giorno da tirare a campare. Ma perché mi sono svegliata ancora?”.
Ad un certo punto il ribrezzo per la vita che stavo conducendo, il rapporto con mio marito che si stava rovinando, i rapporti difficili con i figli ipercritici nei nostri confronti, la spiritualità che bussava al mio cuore insistentemente, la nostalgia di appartarmi con me stessa e parlare con Dio anche se non lo avevo mai sentito ma ci credevo solo per fiducia nei confronti di chi mi diceva “Dio esiste”.. Sentii di aver toccato il fondo della sofferenza interiore. Così ripresi a pregare, a pregare affinché qualcosa accadesse nella mia vita, qualcosa che potesse cambiarmi radicalmente, dentro, in fondo al cuore… Qualcosa che non dovessi accettare solo con la ragione, ma che potessi sperimentare col cuore e cambiare per sempre…
Grazie ad Allàh, una sera mio marito, che mi vedeva ormai da tempo agitata in questa maniera e che stava provando anche lui tanta sofferenza e un forte richiamo alla spiritualità, stanco della nostra vita difficile, piena di discordia, di nervosismo e di disarmonia, si avvicinò e mi chiese se mi andasse di chiamare al telefono un nostro amico, conosciuto 3 o 4 anni fa in internet, italiano musulmano da 20 anni… Si trattava di Umar. Probabilmente alcune di voi lo conosceranno. Lo abbiamo chiamato e questo è stato l’inizio della mia nuova vita… Ci invitò ad andarlo a trovare a casa sua. Ci saremmo incontrati e visti per la prima volta, anche se nei tre/quattro precedenti anni ci eravamo qualche volta sentiti al telefono o via email. Non mi aspettavo nulla e oramai ero anche un po’ scoraggiata. Ma mi sbagliavo.
Quello che sentii nel momento in cui incontrai lui e poi sua moglie e i suoi tre figli, fu qualcosa di indescrivibile perché è qualcosa che si prova dentro. Parlammo per circa 3 ore con lui e sua moglie. Poi ci invitarono a restare a cena con loro. Tutto quello che stavamo vivendo era impregnato della presenza di Dio. Mi mostrò molte bellissime foto che ritraevano il suo Shaykh, (Maestro Spirituale) con lui e sua moglie quando andarono a trovarlo in Marocco e quando lui venne in Italia e fu ospite in casa loro… Poi ci regalò una copia del Sublime Corano in Italiano (di una edizione diversa da quella che già avevo in casa ed avevo iniziato a leggere, senza sapere il perché, circa un anno fa) , il libro sulla vita del Profeta Muhammad (le benedizioni di Allàh e la pace su di Lui) e un libro di Hadith (i detti del Profeta)… Iniziavo a sentirmi quasi eterea, mi sembrava di non vivere nel mondo in cui avevo vissuto fino a quel momento… tanto da sentire di non riuscire più a parlare… Ovviamente lui continuava a dirmi che anche nella sua famiglia come in tutte, c’erano talvolta discussioni o disaccordi fra moglie e marito o fra genitori e figli. Perché tutti siamo esseri umani (con i loro limiti e difetti) ed essere musulmani non vuol dire diventare automaticamente santi… eheheh… Beh, cercava sempre di ridimensionarmi. Evidentemente aveva colto il mio turbamento. Quando arrivò l’ora di tornare a casa, avrei voluto fermarmi ancora lì a parlare con Umar, vivere ancora in quella casa qualche minuto… Salii in macchina con la decisione ferma di ritornarvi un giorno. Al più presto in sha’a Llah. Restai in silenzio durante tutto il viaggio, un’ora e mezza circa. Arrivata a casa andai a letto, con una serenità dentro e un campanellino che mi avvisava che stava per succedere qualcosa di meraviglioso ed inaspettato. Ma Cosa ? Mi addormentai e sognai alcuni passi del Sublime Corano che avevo letto prima di andare a dormire…
Fu un sonno strano: meravigliosamente riposante ma nello stesso tempo pieno di sogni che si susseguivano di cui al risveglio mi ricordai poco e niente. So solo che mi avevano lasciato una felicità interiore e una tranquillità che per me sarebbe stata, fino al giorno prima, solo utopia. Continuai per due otre giorni a leggere i libri che ci aveva donato Umar, il Qur’an in primis. 5 volte al giorno, “tanto per iniziare ad abituarmi” mi sorpresi a pensare… Abituarmi? A cosa?!? Chiesi a Dio di aiutarmi a comprendere… Mi sembrava di ricevere messaggi invisibili e non udibili da orecchio umano ma solo dal cuore… Poi ebbi una strana esperienza. Mentre ero in cucina e riempivo la lavastoviglie guardai fuori in giardino .Ebbi come una visione…Una cascata cristallina, di acqua purissima scendeva difronte a me. Iniziai a provare una sete immensa, fisica. Presi un bicchiere d’acqua fresca e bevvi per riprendermi da questa strana visione che sembrava quasi percettibile con gli occhi fisici… Bevvi. Ma la sete non passava!!! Guardai di nuovo verso il giardino… l’erba verde e fresca (aveva appena smesso di piovere) piena di goccioline mi fece ancora venir voglia di bere… E visualizzai di nuovo, senza volerlo, quella cascata nel mio giardino… Provai ad immaginare dove fosse l’inizio, da dove venisse, ma non c’era un punto preciso da cui sorgeva, non riuscivo a scorgerlo. Una voce dentro mi disse: ”Hai sete. Ma non è quell’acqua che stai bevendo che la spegnerà. Guarda. Ti è stata messa di fronte una cascata di acqua pura e cristallina, una acqua che spegne la sete dei cuori. Perché la sete che provi, è quella che prova il tuo cuore”.
Restai turbata da questa cosa: non poteva essere solo la mia mente a inventare tutto…..Ripresi a caricare la lavastoviglie ma oramai, sapevo cosa dovevo fare… Stetti in silenzio al riguardo, per tutto il giorno. Due giorni dopo, dissi a mio marito “Ho deciso di abbracciare l’Islam. Solo così potrò placare l’ansia che sento dentro, il fuoco che mi sta bruciando”. Lui mi disse che avrebbe voluto altro tempo per prendere una decisione e io lo rispettai. Dopo due giorni, mi venne incontro con il Qur’an tra le mani e piangeva commosso… Mi disse che aveva deciso anche lui… Inutile cercare di descrivere la mia gioia… Chiamammo il nostro amico che fece comunque passare qualche altro giorno, un paio di settimane circa, prima di incontrarci di nuovo. Mi diceva di continuare a leggere il Sacro Corano, coltivando quella preziosa piantina verde e tenera che in me era appena nata…
Dopo due settimane andammo a casa sua per la Shahada (la doppia testimonianza di Fede). Portammo con noi anche i nostri tre figli. Il primo aveva allora 17 anni , la seconda 15 e la più piccolina soltanto 6. Anche il nostro Fratello e sua moglie hanno 3 figli. E’ stato bello non doverli lasciare a casa con la baby sitter… In casa loro c’era sempre posto per tutti. E i nostri figli andarono subito d’accordo. Il mio primo figlio e due dei suoi figli avevano circa la stessa età. E la ragazza aveva l’età della mia… I maschietti uscirono a fare una partita a basket. Le ragazze andarono a fare un giro nell’isolato, portando con loro la bimba per lasciarci un po’ di tempo da soli coi fratelli e le sorelle. Anche in questo caso, sperimentai per la prima volta cosa vuol dire poter seguire una via spirituale senza assentarsi per raggiungere luoghi di “riunione” o di insegnamento, “mollando” i figli a casa. L’Islam non divide, semmai unisce.
I ragazzi continuarono a sentirsi al telefono, a inviarsi sms,ad accordarsi per quando vedersi ancora. Ci aspettavano lui e sua moglie e una coppia di fratelli (lui italiano musulmano e sua moglie marocchina)… Davanti a 5 testimoni musulmani, pronunciammo (con l’aiuto di Dio) la nostra Shahada, mio marito prima, io subito dopo di lui. Una sorella piangeva a calde lacrime per la commozione : disse che, pur essendo musulmana dalla nascita, non aveva mai assistito ad una professione di fede per conversione fatta da italiani…Ricevetti baci e abbracci dalle sorelle, i complimenti dai fratelli. Poi fui presa in amorevole consegna dalle sorelle…E mio marito dai fratelli. La moglie del nostro prezioso amico, Latifa, mi donò la mia prima Jellaba e il mio primo Hijiab da indossare almeno durante la preghiera. La serata trascorse fra chiacchiere fra donne (non ho affatto sentito disagio per la diversità di culture, stando insieme a due sorelle del Marocco) e la mia istruzione.
Mi insegnarono come fare l’abluzione minore e maggiore, su mia richiesta mi parlarono del Ramadan, mi spiegarono e mi fecero assistere alla Salat (preghiera canonica) che fecero tutti insieme…. Mi sembrava di essere appena nata, accudita e all’inizio di una nuova vita… Dal 16 luglio 2005, mi chiamo Asmaa e mio marito Zayd . Da quella sera, non smettemmo più di pregare, di ricordarci e di ringraziare Allah per il dono che ci ha fatto e per i doni che continua ad elargirci a piene mani… In famiglia le cose iniziarono ad andare sempre meglio, mio marito ed io sentivamo su di noi lo sguardo e la protezione di Dio. Con i nostri figli adolescenti i rapporti cominciarono a migliorare e riuscimmo a parlare con loro più serenamente… Proprio qualche settimana dopo la nostra shahada mio figlio che aveva allora 17 anni mi disse: “Mamma, sta succedendo qualcosa da un po’ di tempo… Tu e papà non litigate più. Tu non piangi più, non sei più nervosa, non alzi la voce subito e per ogni piccola cosa…”. E mia figlia di 15 anni intervenne dicendo: “E’ vero. Non avete più litigato…”.Non credevo alle mie orecchie… Dov’erano finiti i figli ipercritici sempre pronti a darmi delle bastonate sotto forma di battute pungenti e rimproveri? E questa fu la conferma che qualcosa in noi era già cambiata.
I nostri amici e fratelli e sorelle che ci avevano assistito durante il percorso del nostro ritorno all’Islam, rimasero vicino a noi per un bel po’ di tempo, anche se abitavano a molti km da noi e non potevamo vederci ogni giorno… L’Islam è un miracolo, al hamdu lillàh (lode ad Allàh). Perché è il volere di Allàh. Chi segue i Suoi precetti, non può non essere felice delle cure di cui il nostro Padre Supremo ci circonda. Sono ancora commossa mentre scrivo… Care sorelle in Allàh Vi abbraccio tutte, perché come donna vivo e vivrò le problematiche di questa società in cui non si è libere nemmeno di uscire con un velo, se non rischiando aggressioni… Che Allàh infonda la Sua Pace anche nei cuori più duri, amin.
Asmaa
Mi chiamo Hajar, sono una ragazza di 23 anni; sono emigrata in Italia con la mia famiglia 12 anni fa. Sebbene sia nata musulmana, alhamdulilah, purtroppo sono diventata praticante solo quattro o cinque anni fa. Non ricordo di preciso se avevo già 19 anni quando ormai pregavo regolarmente o 18. Ad ogni modo non prima, di questo sono sicura, poiché ricordo bene la mia adolescenza da “non praticante”. Ho avuto un’infanzia serena nel mio paese d’origine, ho bellissimi ricordi che spesso mi fanno provare nostalgia di quei tempi. Non posso dire lo stesso della mia adolescenza in Italia. Sono stati davvero degli anni tristi per me, bui e amari. I motivi sono vari; tra essi il fatto che non è facile trovarsi in un paese dove non si conosce nessuno, neppure la lingua e la cultura. Non ero molto piccola quando mi trasferii, quindi mi rendevo conto che era parecchio strano trovarsi lontano dal proprio paese di origine. Sono stati davvero degli anni infelici anche a causa della mia “crisi d’identità”, ma proprio questa mi ha spinto e motivato (grazie ad Allah, ovviamente) a cercare la mia vera identità che è quella di essere musulmana, alhamdulilah.
Tra le passate esperienze che mi hanno spinta ad avvicinarmi all’Islam, ricordo la difficoltà ad integrarmi nel nuovo paese in cui vivevo. Anche quando, ormai, parlavo bene l’italiano, con i compagni di classe non mi trovavo molto bene. Spesso, mi dicevano che ero troppo asociale, che non mi volevo integrare; il ché era vero poiché spesso per “integrazione” intendevano il rinunciare alla mia identità (anche se non sapevo nemmeno quale fosse)… Sapevo, però, che non consisteva nel diventare come loro, e fare tutto quello che loro facevano, o che dicevano e pensavano. Questo a me non stava bene, preferivo essere considerata asociale piuttosto che “integrarmi” a simili condizioni. Pur non volendo imitarli, al contempo mi vestivo come loro, ed ero un essere umano come loro, parlavo la loro lingua! Ma a loro questo non bastava. Per farmi accettare davvero, dovevo accontentarmi ed essere felice di sentirmi dire che ormai ero italiana, quindi dovevo uscire e divertirmi andando alle feste con loro, bere la birra e il vino e mangiare la carne di maiale esattamente come tutti gli altri; solo a quel punto, secondo loro, mi sarei integrata veramente e avrei smesso di essere così asociale e infelice.
Nonostante non fossi praticante, anzi, ero abbastanza ignorante per quanto riguarda la mia religione, alcuni aspetti del din non mancavano nella mia vita, come per esempio non mangiare il maiale e non bere alcool, alhamdulilah. Così, alhamdulilah,non mi sono mai fatta condizionare dai loro consigli a lasciarmi andare, a trovarmi un ragazzo e a “farmi una vita”. Queste cose me le diceva persino un mio professore, che spesso mi chiedeva: “La carne di maiale non la mangi, il vino non lo bevi, il ragazzo non ce l’hai.. ma come vivi?”.
Erano degli anni davvero bui per i motivi menzionati, ma sono pochi tra i molti che non posso elencare in questa breve presentazione. Comunque, uno dei motivi principali e fondamentali per cui vissi anni poco piacevoli, come avrete capito, era che mi mancava Allah nel cuore. Non sono una che si fa influenzare facilmente, a volte questo è un bene, alhamdulilah. Questa mia “asocialità”, mi faceva sentire spesso fuori luogo, a disagio e strana… Una straniera. Tuttavia, non era il fatto di sentirmi straniera a farmi soffrire, ero contenta di esserlo, era l’unica cosa in cui riuscivo a riconoscermi veramente. Ciò che mi faceva star male, era che la gente non fosse in grado ad accettarmi per quello che ero: Straniera. Mi era stato ripetuto che ormai ero italiana, che non ero come tanti altri stranieri venuti in Italia a fare “come gli pareva”, che nonostante avessero trovato il “paradiso” in Italia, non fossero riconoscenti e commettessero un sacco di crimini e atti vergognosi. Io invece, [dicevano] ero diversa, una brava ragazza, gentile, educata… perciò italiana. L’unica cosa che non andava bene in me, era il mio essere asociale. Ma io non volevo essere italiana, solo perché, secondo loro, ero troppo buona e gentile per essere straniera. Invece, volevo essere accettata da “straniera”, perché era così che ormai mi sentivo sempre e mi stava pure bene, ormai non sentivo di far parte nemmeno del paese dal quale provenivo poiché là mi consideravano ormai italiana perché studiavo in Italia. Secondo i miei compaesani invece, solo perché ricevevo a scuola un’educazione italiana, ormai ero rimasta ignorante. Proprio per questo motivo, sempre secondo loro, non conoscevo abbastanza bene la nostra cultura, della quale andavano fieri… ed ecco che mi consideravano straniera anche loro.
In tutto questo, qualche volta sentivo la mancanza di Allah nella mia vita, così cercavo di invocarlo. A volte, però, mi veniva l’ansia, non saprei dire perché, ma fu sufficiente perché ciò mi spingesse a evitare di invocarlo, (purtroppo). Eppure, la mancanza di Dio non mi lasciava in pace, alhamdulilah, e col passare degli anni, pian piano, la sentivo sempre più forte. Questo fece sì che lo cercassi in un modo o nell’altro. Più volte provai un forte bisogno di sentir parlare di Dio.
Ricordo che avevo una professoressa che spesso parlava di Dio, e dal modo in cui lo faceva, si poteva intuire che Lo amava davvero tanto. Anche se era cristiana, mi faceva piacere lo stesso sentirla parlare di Dio, mi faceva soprattutto piacere che non fosse atea, e che amasse Dio. Ogni tanto, dopo aver ascoltato i suoi discorsi su come Dio ha creato l’universo, su come ci ama… tornavo a casa e mi mettevo a fare delle ricerche sul computer per trovare qualcosa a proposito nell’islam e poter fare così un confronto. Mi piaceva la nostra religione, più leggevo e più mi stava a cuore. All’inizio leggevo con l’intenzione di farmi una cultura, per non rimanere ignorante sul mio din (religione) e devo dire anche per poterli contraddire quando incolpavano l’Islam del terrorismo nel mondo, della violenza che gli uomini musulmani usavano [a loro dire] contro le donne, ecc. Dopo un po’, ho iniziato a sentire anche la necessità di fare la salah, ma mi sembrava troppo difficile. Avevo trovato alcune suar che era necessario conoscere e cercavo di impararle; qualche volta provavo a fare la salah, ma mi veniva tanta ansia e mi bloccavo ogni volta, arrabbiandomi con me stessa perché non mi ritenevo capace e all’altezza. Talvolta mi sentivo come se Allah non mi volesse, astaghfirullah, senza sapere che questo non era altro che un sussurro di shaytan (satana). Quindi, spesso lasciavo perdere, purtroppo, e continuavo la mia vita di sempre.
Ricordo che una volta feci un du’a chiedendo ad Allah con tutto il cuore di guidarmi e di illuminarmi.
In un’altra occasione, ebbi un problema in famiglia per il quale soffrii molto ed ebbi bisogno di Dio più che mai, e nonostante il forte bisogno di rivolgermi a Dio non avevo incominciato ancora a fare la salah. Dopo alcuni giorni, alhamdulilah, venne a trovarci un mio cugino il quale, ma sha’a Llah, essendo religioso, ma sha’a Llah, ovunque andasse faceva da’wa (invitava la gente al bene). Cercando mia madre entrò in camera mia per sbaglio, e vide i fogli in cui avevo scritto le suar del Quran per imparare a pregare. Ne fu felicissimo, ed iniziò subito a parlarmi di Allah; non ricordo bene tutto il discorso che mi fece, ma ricordo bene che parlava col cuore e questo mi colpì molto, soprattutto ricordo che parlò della pace nel cuore. Avevo tanto bisogno di trovare pace nel mio cuore, e quel suo discorso mi aveva colpito in modo particolare, facendomi desiderare più che mai di avvicinarmi ad Allah. Infatti, subito dopo la sua partenza, sentii una grande forza dentro di me e trovai il coraggio per ricominciare a fare la salah, ma a differenza delle altre volte, ero più motivata e non avevo intenzione di mollare, anche se non fu facile per niente: mi sentivo sempre ansiosa, avevo sempre paura di sbagliare e sbagliavo sempre. Spesso ripetevo tutto daccapo, a volte non ricordavo le raka’at (le unità della salah), e altre cose. Era davvero difficile, ma nonostante questo ormai sapevo che dovevo continuare lo stesso, e che non dovevo arrendermi, solo perché lo trovavo difficile. Ho continuato così per un po’, poi alhamdulilah, Allah mi ha aiutata moltissimo. Le cose cominciarono a diventare sempre più facili, fino ad arrivare al punto da non poter dormire senza aver pregato prima. Se mi addormentavo senza aver fatto la salah sognavo di pregare e mi svegliavo dicendo le suar: la preghiera ormai faceva parte di me. Subito dopo di me, cominciarono a pregare anche mia madre e mia sorella, alhamduliLlah.
All’inizio pensavo che sarei stata una vera musulmana appena avessi imparato a pregare. Non mi passava per la testa di mettermi l’hijab, non lo consideravo ancora qualcosa di importante, ma lo vedevo solo come una cosa in più e basta, non sentivo la necessità di doverlo portare subito. Man mano che imparavo sempre di più sull’islam, alhamdulilah, e dopo essermi informata bene, capii che era fardh (doveroso) indossare l’hijab, e che non ero scusata per non portarlo. Dovevo portarlo.
Ma ero troppo vigliacca, avevo paura di affrontare la gente, di dover dare delle spiegazioni a tutti e mi sembrava una cosa troppo difficile da fare. Contemporaneamente mi sentivo in colpa per il mio abbigliamento, ero in continua lotta con me stessa e il shaytan. Cercavo di farmi coraggio, ma mi abbattevo e rimandavo sempre, in continuazione. Alhamdulilah, mi venne in mente di chiedere ad Allah di convincermi ad indossare l’hijab, di aiutarmi a decidermi una volta per tutte e di rendermelo facile. A 20 anni, quando dovevo incominciare l’Università, decisi di indossarlo, mi misi una sciarpa attorno alla testa e uscii di casa. Mi sentivo come se mi stesse osservando tutto il mondo, ciò mi mise a disagio, mi vennero anche i crampi alle orecchie! Poi, però, feci dhikr, e mi ricordai di Allah, avevo fiducia in Lui, sapevo che portare il velo, era la cosa giusta da fare e che era questo che contava e non il fatto di mettermelo solo se mi faceva sentir bene.
Alcune sorelle dicono che l’hijab le fa sentire molto più belle di prima quando non si coprivano, al proprio agio, ecc. Non era così per me. Io non mi sentivo bella e mi dava fastidio, perché non me lo sapevo mettere bene e perché non ero ancora abituata; spesso mi pizzicava la testa e qualche volta mi scordavo di portarlo e uscivo da casa senza, finché non mi ricordavo che dovevo portarlo e correvo dentro per mettermelo.
La gente mi ha sorpresa molto, in senso positivo però. Mi aspettavo di ricevere tanti insulti, maltrattamenti, invece, ho trovato solo persone curiose che mi chiedevano come mai avessi fatto questa scelta, e una volta spiegate le miei motivazioni, anche se non condividevano la tale mia scelta, mi dicevano che mi stimavano per il coraggio che avevo avuto nell’essere stata me stessa. Ho incontrato più persone gentili ora che porto l’hijab che prima. Ho conosciuto anche persone antipatiche, non lo nego, ma davvero poche e comunque molte meno rispetto a quando non indossavo il velo. Ma, non credo sia possibile vivere senza conoscere mai persone che non ci piacciono a causa della loro maleducazione. Quindi, che senso ha vivere per piacere agli altri? Gli altri non si accontentano mai e trovano sempre qualche difetto da rinfacciarci. Allora che senso ha cercare di piacere sempre a tutti senza tener conto che l’Unico che dobbiamo compiacere è Allah?! Io volevo tanto compiacere Allah swt e il pensiero di compiacerLo mi faceva star bene più del velo in sé; questo è l’unico motivo che mi aveva convinta a tenerlo. Il consiglio che oggi do alle sorelle è che non dovete portare l’hijab solo e affinché vi faccia star bene, o perché vi fa apparire più belle, non dovrebbe essere questo il vero motivo. Dovete, invece, portarlo solo perché è ciò che Allah ci chiede di fare, e quindi per compiacere Allah e anche per timore (taqwa). Non dobbiamo scegliere di compiacere Alllah fintanto che possiamo compiacere anche agli altri o al nostro nafs (ego), ma sempre; anche quando ciò che Allah ci chiede di fare non compiace gli altri o noi stessi. Il Jihad (lo sforzo sulla via di Allah) non è facile, ecco perché Allah ha promesso di ricompensare con la ricompensa migliore (il paradiso) coloro che fanno Jihad contro il proprio nafs.
Per le persone come me, vigliacche e insicure, forse è più facile dirlo che farlo, però Allah è Colui che può rendere le cose difficili, facili, e le cose che ci sembrano impossibili, possibili. Quindi fate du’a. Non è grazie al mio coraggio (come credono alcuni) che sono riuscita a fare questo cambiamento così radicale nel mio abbigliamento, per me è stato molto difficile inizialmente, e non solo il mettermi il velo. Ma alhamdulilah facevo du’a e cercavo di fare Jihad contro il mio nafs e il shaytan e, alhamdulilah, Allah mi ha aiutata tantissimo, pian piano mi rendeva le cose sempre più facili.
Ora è diventato facile anche con l’hijab. Non mi dà più fastidio e non riesco nemmeno ad immaginarmi senza, anche il mio hijab fa parte di me ormai, a volte mi capita di chiedermi: come facevo in passato a vivere tranquilla e serena senza aver temuto Allah per non essermi coperta?!
Inoltre, l’hijab non è solo un pezzo di stoffa da avvolgere attorno alla testa. E come avevo già detto prima, non deve essere usato per rendersi “più belle” o per dimostrare agli altri in cosa consiste “la vera bellezza” di una donna, altrimenti perde il suo vero valore agli occhi di Allah. L’hijab invece dovrebbe nascondere la vera bellezza di una donna, così come le perle preziose che Allah racchiude all’interno delle conchiglie, nascondendole in fondo al mare. Le intenzioni contano e fanno la differenza.
Ora, alhamduliLlah mi sento musulmana ed è questa la mia vera identità. Ora finalmente so chi sono. Sono felicissima che Allah mi ha guidata, alhamduliLlah, facendomi capire che è questa la mia vera identità.. Musulmana, alhamdulilah! Ho deciso di non aggiungere le mia nazionalità in questa presentazione, poiché non riesco a riconoscermi in nessuna di esse, e sono felice di questo. L’ideologia della nazionalità e dell’orgoglio per la propria patria non mi è mai piaciuta, e ora che so che è proprio questa ideologia che spesso ha diviso la nostra Ummah (Comunità), mi piace ancora meno, alhamduliLlah. Infatti, una delle tante cose che mi ha molto colpito dell’Islam è il concetto di un’unica Ummah. La nostra Ummah dovrebbe essere unita e non divisa a causa dell’orgoglio per la propria patria, o per via di un fortissimo e grandissimo amore per la propria nazione, dimenticandoci così che è la nostra Ummah che dobbiamo amare invece. Siamo tutti i fratelli e della stessa Ummah, non dobbiamo preferire di più quelli della nostra nazione ma solo quelli che hanno più taqwa perché sono quelli i migliori di tutti agli occhi di Allah s.w.t.
Per concludere, vorrei aggiungere che ora, alhamduliLlah, anche mio padre ha cominciato a pregare. Ogni volta che lo vedo, mi si riempie il cuore di gioia, soprattutto quando mi rimprovera per non essere abbastanza puntuale nelle preghiere. Cominciavo a non sperare “troppo” che mio padre avrebbe cominciato ad applicare questo precetto fondamentale della religione, ma alhamduliLlah Allah ha ascoltato le mie invocazioni. Quindi fate sempre du’a per i vostri genitori, soprattutto se anche voi avete genitori non praticanti come erano i miei, e cercate sempre di essere gentili con loro e di dare un buon esempio a loro con tanta pazienza, educazione e buone maniere perché è anche così che si fa la da’wa. Ricordatevi che la guida proviene da Allah. Cercate quindi anche di sopportarli quando magari qualche volta si arrabbiano con voi, ingiustamente, solo perché avete deciso di praticare un determinato aspetto del din. Abbiate pazienza e fate sempre du’a per loro.
Che Allah guidi le famiglie di tutti i fratelli e di tutte le sorelle e unisca la nostra Ummah in questo dunya (vita prossima, terrena) e nella Jannah (paradiso), in akhirat (nella Ultima Vita). Amin Ya Rabbii.
BismiLlah Al Rahman Al Rahim
Questa è la dunya (la vita terrena)… un momento di passaggio. Gente che viene, gente che va… Nessuno mai vi è rimasto, nessuno in questa vita può scappare dal suo destino… Destino già scritto prima della nostra nascita: come ci chiameremo, chi saranno i nostri genitori, dove nasceremo, dove moriremo, se saremo tra i Felici (gli abitanti del Paradiso) o tra gli Infelici, audhu biLlah, che Allah ci protegga dal fare questa fine (dall’essere fra gi abitanti dell’Inferno, fra coloro che non vedranno il loro Signore e non godranno della Sua vicinanza, amin).
Le persone care muoiono… E comprendi il loro vero valore quando le perdi… Il giorno sei, del mese di Shauual (quello che segue Ramadan) è morto il mio caro nonno paterno… Inna liLlah ua inna ilihi raji°un (siamo di Allah e a Lui ritorneremo). Un sentimento di tristezza, di profonda tristezza mi ha colto… La consolazione, l’unica consolazione si trova nella fede, nel sapere che alhamduliLlah è morto musulmano; la speranza è da riporre unicamente in Allah, nel Suo grande perdono e nella Sua infinita misericordia.
Egli era sempre stato affettuoso con me, ero la sua nipotina preferita… Io lo amavo molto. Mio nonno era una persona seria, di poche parole, con un grande cuore. Sin da piccola, ogni volta che ci veniva a trovare in Italia o andavamo a trovalo in Siria, mi portava piccoli preziosi regalini: mi portava proprio le cose che amavo e desideravo, che Allah lo possa ricompensare immensamente… Quando qualcuno mi faceva arrabbiare, e piangevo, mi consolava dicendo: Vedi bimba mia che queste persone ti fanno arrabbiare? Vieni da me e lasciale stare…
Aveva proprio ragione… Perché stare con persone che non ti vogliono bene, lasciando colui che ti ama e ti è sempre, sempre vicino (Allah l’Altissimo e le persone che ti amano in nome Suo)? Ricordo quando stavo ore ad ascoltarlo raccontare della dura vita di commerciante che faceva andando e venendo fra la Siria e la Turchia, della vita di un tempo, quando stava in mezzo ai suoi cari, adesso tutti morti, quando mi dava alcune perle di saggezza consigliandomi al bene e insegnandomi invocazioni che il nostro amato Messaggero ci diceva di dire al mattino e alla sera… Che Allah gliene renda merito, Allahumma Amin!
Queste sono alcune delle frasi che da ragazzina mi disse mio nonno, che mai si cancelleranno dalla mia mente:
-Figlia mia, vedi che le persone che ti elogiano non sono le persone che ti amano. Ricorda che un complimento che ti fa piacere sarà la fonte della tua perdita, perchè in verità l’uomo smette di migliorare quando inizia a pensare bene riguardo se stesso.
-Figlia mia sappi che dicono del nostro paese “paese del terzo mondo”… Poi vengono a prendere il nostro buon grano duro e ci danno il loro, tenero e umido. Prendono le ricchezze del paese dandoci in cambio i cosiddetti “aiuti”, che in verità sono poi roba scadente o scarti. Dunque non credere a quello che dicono… Le nostre terre sono piene del ben di Dio, che ci lasciassero stare e ci risparmiassero i loro aiuti!
-Figlia mia vedi, questa invocazione, detta per quattro volte, ti salva dal Fuoco. Scrivila, così la dirai ogni giorno, al mattino e alla sera… E ogni giorno ricordati di me, che sono anziano e presto morirò, ogni volta che la dici, leggi per me Surat Al Fatiha:
اللَّهُمَّ إِنِّي أَصْبَحْتُ([1]) أُشْهِدُكَ، وَأُشْهِدُ حَمَلَةَ عَرْشِكَ، وَمَلاَئِكَتِكَ، وَجَمِيعَ خَلْقِكَ، أَنَّكَ أَنْتَ اللَّهُ لَا إِلَهَ إِلاَّ أَنْتَ وَحْدَكَ لاَ شَرِيكَ لَكَ، وَأَنَّ مُحَمَّداً عَبْدُكَ وَرَسُولُكَ)) (أربعَ مَرَّاتٍ)([2]).
Oh Allah mi sono risvegliato al mattino; ti rendo testimone e rendo testimoni coloro che tengono sollevato il tuo Trono, [così come] i Tuoi Angeli e tutte le tue creature [del fatto] che Tu sei Allah, Unico senza alcun socio, e che Muhammad è Tuo servo e Messaggero. (da ripetere quattro volte).
-Figlia mia impara questa invocazione, che cancellata tutti i peccati, non dimenticare mai di dirla. Queste che ti insegno sono perle, vere e proprie perle! Immagina poche parole che lavano una montagna di cattive azioni! Quanto è Generoso e Grande il nostro Signore!
اللَّهُمَّ أَنْتَ رَبِّي لَا إِلَهَ إِلاَّ أَنْتَ، خَلَقْتَنِي وَأَنَا عَبْدُكَ (أمتك)، وَأَنَا عَلَى عَهْدِكَ وَوَعْدِكَ مَا اسْتَطَعْتُ، أَعُوذُ بِكَ مِنْ شَرِّ مَا صَنَعْتُ، أَبُوءُ([3]) لَكَ بِنِعْمَتِكَ عَلَيَّ، وَأَبُوءُ بِذَنْبِي فَاغْفِرْ لِي فَإِنَّهُ لاَ يَغْفِرُ الذُّنوبَ إِلاَّ أَنْتَ))([4]).
Oh Allah Tu sei il mio Signore, Tu mi hai creato e il sono il Tuo servo (la Tua serva) e io rispetto il Tuo patto e [credo] nella Tua promessa, per quanto riesco, Ti chiedo protezione dal male di ciò che ho fatto, riconosco a Te la Tua grazia su di me, e riconosco il mio peccato, perciò perdonami perché non c’è nessuno che possa perdonare i peccati se non Te.
Ascoltavo le parole di mio nonno, anche se mi sembravano così nuove… I suoi discorsi si giravano e rigiravano nella mia testa in attesa di essere profondamente comprese. SubhanaLlah ora, ricordando le sue parole lo ammiro molto: quanta saggezza aveva, quanta pazienza…! Chissà quanto ne aveva viste, di guerre, di cambiamenti, di persone…
Che Allah ti dia la Sua misericordia, mio nonno caro, che possa Egli perdonare i tuoi peccati e possa Egli ricompensarti, al posto mio, per ciò che mi hai insegnato, dandoti la migliore delle ricompense… Possa Egli Al Rahman, Al Rahim, accordarti il Paradiso, amin, amin, amin!
Bismillah al Rahman al Rahim
BismiLlah Al Rahman Al Rahim
AlhamduliLlah ua assalatu ua assalamu ‘ala Rasuli Llah
Pensavo fosse un pomeriggio come i tanti… e invece quella fu una lezione completamente rivoluzionaria. Appena entrata vidi le solite ragazze con cui mi riunivo al sabato pomeriggio per imparare a leggere Qur’an e a discutere della fede, ma da una parte stava seduta una ragazza sorridente vestita tutta di nero… Sì, era la prima volta che vedevo una sorella col niqab in carne ed ossa.
All’inizio mi sentivo intimorita dalla sua presenza… Temevo di sbagliare o di dire cose che non andassero bene, poi invece mi sono rilassata e abbiamo iniziato a parlare del più e del meno,
Queste lezioni, rivolte solo a ragazze, erano qualcosa di unico, di speciale: servivano a far rivivere un importante sentimento di Amore per Allah, dopo una lunga settimana scolastica di distacco e a convidere fra noi ciò che avevamo appreso della nostra amata, preziosa fede.
Questa sorella speciale aveva una gran voglia di fare e ci trasmetteva tanta buona energia. Un giorno si è presentata portando diversi tipi di Niqab e facendoceli indossare come prova… Era una sensazione unica, bellissima, quello di portare il Niqab! Mi sentivo finalmente coperta, preziosa, lontana dagli sguardi dei passanti… Chiesi di poterci un attimo uscire, così fu che andai fuori nel cortile del nostro amato Masjid a fare una passeggiata speciale, sperimentando quello che prova una munaqqabah* camminando per strada. C’era un sentimento di euforia generale, chi andava in bagno a guardarsi allo specchio, chi usciva, chi lo ha tenuto per tutta le lezione 🙂
Quel giorno parlammo di abbigliamento islamico e finita la lezione ci siamo rese conto di dover cambiare nettamente il guardaroba per adattarlo alle esigenze di una vera ragazza musulmana… ma dove potevamo trovare le gonne lunghe con le quali sostituire i pantaloni stretti, e jellaba da portare sopra ai vestiti, e hijab lunghi, larghi e coprenti, di colore neutro con cui sostituire la sciarpa colorata che portavamo sopra la testa?
Fu così che la sorella disse… ebbene ce le possiamo cucire!!! Era un’idea fantastica, non mi era venuta in mente questa soluzione, io che avevo da sempre sognato di poter cucire… Ora il mio sogno si stava realizzando! Iniziammo così a trovarci il pomeriggio per la lezione di cucito…! Sì, potevamo fare di tutto: dal semplice Niqab che si poteva annodare dietro la nuca, molto facile da confezionare, dalle gonne lunghe alle abaya da portare sopra ai vestiti, dal khimar alle jellaba, alle tuniche lunghe da portare sotto ampi pantaloni. Infine quello che non riuscivamo a confezionare lo ordinavamo tramite internet e ce lo spedivano per posta, un modo nuovo di fare shopping!
Quella lezione servì a rivoluzionare tutto il nostro modo di intendere la copertura, tutto grazie ad Allah, e alla sorella che con il suo Niqab nero aveva portati i colori dell’arcobaleno nella vita noiosa e routinaria a cui ci eravamo abituati… Fu questo a farmi cambiare pensiero sulla moda… un sistema di omologazione mondiale, che annulla la creatività e la vera libertà di abbigliamento, rendendo la gente schiava di un modo di pensare lontano dalla naturalezza della fede e dagli obbiettivi di copertura e purezza che l’abbigliamento islamico intende preservare. Oh Allah, ti ringrazio per questa luce che ci hai dato, guida noi e le nostre sorelle e i nostri fratelli a fare ciò che Tu solo ami, ti voglio bene, o Allah!
*Munaqqabah: donna portatrice di Niqab.
Essere musulmano in un paese come l’Italia, dichiaratamente laico, spudoratamente cattolico non è purtroppo semplice. Questo lo sanno bene i musulmani che sono immigrati nel nostro paese; ma ancor meglio lo sanno coloro che sono tornati all’Islam al hamdulillah provenendo da famiglie di fede cattolica.
E se vivere socialmente l’Islam non è semplice perché mancano le moschee (Masajid), e sono presenti sono spesso troppo piccole e possono accogliere, per le ragioni che tutti sappiamo, i fedeli, ma non le fedeli.
Morire diventa burocraticamente una vera tragedia; un immigrato di fede musulmana muore, e si farà il possibile affinché la sua salma torni nel paese di origine e si dia degna sepoltura islamica.
E se muore una musulmana italiana tornata all’Islam, sposata, sarà allora il di lei marito ad occuparsi delle esequie, e lo farà nel timore di Allah swt.
Ma se muoio io? Italiana, musulmana, non sposata dove vado? E che mi fanno? E dove mi mettono? A queste domande, ai timori ed agli incubi notturni da qualche giorno si facebook gira una nota che tenta alcune risposte: “clausola testamentaria”
Ed io ho tentato di parlarne con mia madre, cattolica, ostracista, mezzo rassegnata ad avere una figlia “mao mao”, che è il nome con cui lei chiama noi musulmani. Quanto segue, è uno stralcio della conversazione avuta con lei…
Amal: Mamma, sto pensando di lasciare disposizioni testamentarie in merito al mio funerale.
Mamma: Perché?
Amal: Vorrei un funerale islamico
Mamma: Che devo fare? Te lo faccio io. Ti devo bruciare? Ti calo con una corda dal balcone fino al cassonetto dell’immondizia?
Amal: T_T No! Mi avvolgi in un telo bianco, mi metti in terra non consacrata rivolta verso la Mecca, non metti simboli sulla lapide.
Mamma: Addirittura?!
Amal: E se venisse qualcuno ad assicurarsi che tu faccia ciò che desidero? Va bene?
Mamma: Chi viene? E che devo fare? Faccio una mappata con un lenzuolo, bussano alla porta dlin dlon, arriva un “mao mao” ti prende e dice: ” chest è u nuost e c u purtamm?” (questo è nostro, e ce lo portiamo via.)
Amal: -__-
Quindi ho deciso, sottoscriverò la “clausola testamentaria”, perché come ogni musulmano penso alla morte almeno cinque volte al giorno.
Tratto da Tratto dal libro “Da cuore a cuore” a cura della sorella Amal Maria Rosaria Stillante, che Allah la ricompensi.
Avevo 10 anni se ricordo bene, quando mi stavo preparando per la comunione. Il giorno prima dell’evento avrei dovuto confessare i miei peccati al prete, che poi mi disse che sarebbe andato da Dio e gli avrebbe raccontato dei miei peccati… come, a dieci anni?
Era pomeriggio, mi confessai e poi tornai a casa e chiesi a mia madre del perché dovessi dal prete a dire le mie cose personali: “Mamma ma Dio non mi sente? Perché devo andare dal prete?”. Mia madre non seppe che dirmi e il giorno dopo feci la comunione.
Arrivò il momento di fare la cresima, ma allora mi rifiutai! Un giorno chiesi a mia madre: “Mamma la preghiera di Maria dice: “Ave o Maria madre di Dio”… Mamma! Ma Dio ha forse una mamma? Ma non é Colui che creò il mondo per primo?”. Mia madre non seppe che rispondere, lei non praticava molto, ma si radunava spesso durante la settimana con dei testimoni di Geova, ed io non mi rifiutai mai di andare con lei, anzi ero sempre interessata di quello che avevano da dire.
Continuai a fare la mia vita ‘spericolata’ per modo di dire, sempre con la testa sulle spalle ma facendo molti errori, quegli errori che si fanno quando non si teme Dio abbastanza.
Due anni dopo la morte di mio padre, al quale ero attaccatissima, decisi di lasciare l’Italia e decisi di andare a vivere a Londra.
Cominciai a lavorare e conobbi mio marito, lavoravamo insieme in un caffé, lui era Sandwichmaker(faceva sandwich)ed io facevo i caffè. Ricordo ancora quanto discutevamo sull’Islam, e per quel poco che sapevo non facevo altro che dirgli quanto gli uomini musulmani mettessero sotto i piedi le donne e gli ordinassero di coprirsi dalla testa ai piedi…
E tra una discussione e l’altra divenni curiosa di conoscere meglio l’Islam e iniziai a far sempre più domande a riguardo.
Un giorno gli dissi che stavo per andare in vacanza in Italia e lui mi chiese di comprargli un Corano in italiano, alchè gli chiesi cosa ci dovesse fare dato che lui non parlava l’italiano. Mi rispose che voleva imparare l’Italiano.
Andai in Italia e tornai a Londra con un Corano in italiano nel quale misi un foglietto, procuratomi dalla mia amica del cuore, dove c’erano riferimenti sul velo. Tornai all’attacco esclamando: “Era vero quello che dicevo del velo! Lo vedi?!”. Lui non disse niente, e non vedendo il suo interessamento nel leggere questo Corano gli chiesi come mai mi avesse fatto spendere dei soldi se poi non era interessato a leggerlo. Lui non disse niente, come al solito.
Alla fine ci sposammo. Nonostante gli attacchi da parte mia notai la bontà di quest’uomo e l’intenzione sincera nel voler costruire una famiglia, proprio quello che desideravo anch’io.
Un giorno mentre ero sola decisi di aprire il Corano per bene e leggerlo dall’inizio e devo dire che mi piacque molto.
Il tempo passava ed io iniziai a fare ancora più domande. Un bel giorno andai nel Masjid e mi fu donato un Corano in Inglese, poi comprai altro materiale per informarmi meglio ed imparare di più sull’Islam.
Fra le cose che avevo comprato per informarmi sull’Islam, vi era una videocassetta che conteneva un dibattito tra un’esponente Musulmano e l’evangelista Jimmy Swagger.
Appena finii di guardare la videocassetta capii che il fratello aveva ragione da vendere, e così non aspettai molto, dopo qualche giorno giurai davanti ad Allah che Lui è il solo Creatore di questo universo.
In quel momento portavo il velo e decisi poi di tenerlo in testa solo nei weekend per aquisire esperienza. Più in là iniziai a portare il velo tutti giorni e non me lo sono più tolto fino ad oggi. Allahu Akbar ua liLlahi al hamd!
Amina
Da adolescente, vivendo in una cittadina lontana da ogni richiamo, da ogni conferenza, da ogni libreria e da ogni Masjid, avevo la mia idea di questo velo, questa “prigione” come lo chiamavo… Mi ricordo ancora la copertura mediatica riguardante la lotta intrapresa da alcune sorelle Musulmane, in Francia, allo scopo di farsi accettare in quanto Musulmane, a pieno diritto, anche nelle istituzioni scolastiche. Le mie parole furono: “Ma perché si ostinano? Sono pazze! Perché si battono per la loro prigione? Perché vogliono essere sottomesse? In più, ci fanno vergognare…”. La vergogna… sapevo cosa significasse questa parola? Oggi, lo so, ed ho vergogna di aver pronunciato quelle parole. Ero sempre stata alla ricerca della verità riguardante l’Islâm, tuttavia pensavo che il velo fosse un obbligo derivante dall’uomo, che fosse talmente fiero e geloso da imprigionare sua moglie dietro l’Hijâb. Dopo l’esame di maturità, partii per andare a studiare in una grande città, dove a poco a poco scoprii che cos’è l’Islâm… Il mio cuore cominciava ad intravvedere la luce della fede. Divenni più calma, meno scatenata, più riflessiva. Mi ricordo ancora di quella ragazza, che si sedette di fronte a me nella metropolitana, la guardavo: era una sorella, velata… come quelle che avevo visto alla tv anni prima. Il mio sguardo non poteva staccarsi da lei, la guardavo e la trovavo bella, una bellezza completamente differente da quella che conosciamo; avevo l’impressione di vedere una luce sul suo viso… Senza capire perché, la invidiavo, era là, dinanzi a me, calma, serena, la pace e la dolcezza si leggevano sul suo viso. Uscii dal metrò con questa immagine del velo che, per la prima volta, era una sensazione positiva. I giorni passavano, e l’immagine della sorella non mi aveva ancora lasciata, delle domande si affacciavano senza sosta nel mio cuore: “Ma perché… perché si vela? Perché aveva l’aria così contenta?! Perché?”. Fu allora che mi recai in una libreria per acquistare qualche libro che, forse, avrebbe potuto chiarirmi le cose… Lessi, e lessi… e cominciai infine a comprendere che, ben più che un ordine, questo velo era una protezione e una misericordia per la donna, e che l’uomo – quest’uomo che avevo sempre accusato a torto – non era affatto l’aguzzino della sua sposa, ma al contrario era la sua metà, il suo sostegno e il suo benamato. Per la prima volta, non ero più contraria, e alla fine delle mie letture, le mie parole furono: “Ne avrei il coraggio…?”. Poiché, in realtà, la difficoltà non risiedeva nel fatto di portare quest’abito del pudore. La difficoltà, per me, era di riuscire a passare oltre gli sguardi di meraviglia, di derisione, o di odio… “Oh Allah, dammi la forza…” Per misericordia di Allah, arrivò il giorno – era un giorno d’estate – in cui, senza sapere perché proprio in quel momento preciso, dissi a me stessa: “Oggi ci provo”, presi il velo con cui pregavo e lo misi in testa. I miei vestiti già di solito erano lunghi, dunque non ebbi troppi problemi per trovare l’abito adatto. Respirai profondamente e uscii, avevo come l’impressione di gettarmi nell’arena dei leoni, ma appena mi ritrovai fuori tutto sembrò andare meglio… ma non a lungo! Cominciai ad avere – come si dice – i sudori freddi, sentivo gli sguardi della gente posarsi su di me… normale! Con quel caldo, nel mese di luglio, come potrebbe una persona tutta vestita di nero, dalla testa ai piedi, non attirare l’attenzione? Mi sentivo male, e cominciai a rimpiangere di aver voluto provare. Durante tutta la giornata, ero davvero in collera, constatando l’intolleranza dell’essere umano; ero abituata a mostrare un carattere fiero, così quando qualcuno mi fissava cominciavo a guardarlo a mia volta con disprezzo, fino a fargli abbassare lo sguardo… Di ritorno, nel metrò, alla sera, vidi due giovanotti arabi salire nella mia stessa carrozza: uno fumava uno spinello, e l’altro aveva una lattina di birra in mano; facevano baccano, scherzavano, ridevano forte, come se fossero un po’ fuori di testa. Ammetto che avevo un po’ paura, e dissi a me stessa: “Nello stato in cui si trovano, può accadere qualsiasi cosa!”. Si vantavano di tutto il chiasso che facevano al loro passaggio, e quando le porte si chiusero, si trovarono all’improvviso dinanzi a me… Mi guardarono… e mi ricordo ancora perfettamente la scena: entrambi nascosero immediatamente dietro la schiena ciò che tenevano in mano, mi passarono davanti, come vergognandosi, e dicendomi a voce bassa “Assalamu ‘alaykum” (pace su di te), e andarono in fretta in fondo al vagone per ritrovare i loro amici. “Wa’alaykumu-s-salâm…” risposi, benché si fossero già allontanati. Fu come uno scatto, compresi in quel momento preciso che uno degli aspetti dell’Hijâb, malgrado tutto ciò che viene detto in giro, è che si tratta di una protezione per Grazia di Allah (‘azza waJalla)… e in quel mentre decisi che da quel giorno in poi l’avrei sempre indossato con amore e convinzione. Ringrazio Allah l’Altissimo di avermi guidata verso la Luce… il cammino è lungo e seminato di prove (i genitori, le amiche, gli studi…), ma è attraverso le prove che si forgia il nostro carattere. Oggi, sono diversi anni che indosso l’Hijâb, e quando mi guardano di traverso, non ho come risposta che un sorriso… Un sorriso di pace e di quiete… Il sorriso di una donna che ama il suo hijab